Articoli allenamento, Bodybuilding

Perché un allenamento deve essere breve e intenso per ottimizzarne i risultati?

In questo articolo Max Ratta ci spiega i motivi.

Seppur la scienza e la conoscenza della fisiologia, ci danno delle indicazioni su quelle che sono le reazioni dell’organismo ad uno stress esterno, si continua a sostenere che il body building non è una scienza esatta, ovvero non esiste un protocollo di lavoro giusto a cui far riferimento, poiché ciò che funzionerà a meraviglia per un individuo, non funzionerà affatto per un altro. 

Su tale teoria sono state sviluppate miriadi di discussioni con conseguenti scuole di pensiero, tuttavia sono d’accordo con chi la ritiene semplicistica e sbrigativa. 
Se facciamo riferimento al concetto di causa ed effetto, è come se si sostenesse che non tutte le persone che prendono il sole per 20 minuti al giorno tre volte a settimana si abbronzano.
Semmai non tutte le persone si abbronzano allo stesso modo: c’è chi è più recettivo per via di una produzione maggiore di melanina, e chi meno per il motivo opposto. Ma le reazioni fisiologiche all’esposizione al sole saranno uguali per tutti: si abbronzeranno.

Quello che potrà cambiare in sostanza, sarà il tempo che si impiegherà per raggiungere un certo grado di abbronzatura rispetto ad un’altra persona.
Stesso dicasi per l’allenamento. La differenza sostanziale può trovare spiegazione in due principali fattori come: la predisposizione genetica e la capacità individuale di recupero (a sua volta influenzata da molte variabili come età, stile di vita, stress, carattere, atteggiamento psicologico ecc.).  Difatti vediamo atleti ottenere grandi risultati anche da tabelle di allenamento lunghe, in quel caso trattasi di persone con un grande potenziale genetico, ed un ottima capacità di recupero, ma vi siete mai chiesti cosa otterrebbero se cambiassero il loro allenamento con uno breve, intenso ed infrequente?

Mike Mentzer in allenamento Heavy Duty

L’esperienza e la strada spianata in precedenza da Artur Jones, Mike Mentzer, Stewart Mc Robert, Claudio Tozzi (BIIO), persone le cui trattazioni sono state per me punto di riferimento costante in tutti questi anni, ci hanno dimostrato che l’allenamento breve, intenso, infrequente, è l’optimum, perché si basa su criteri assolutamente scientifici come:
1) Intensità e volume di lavoro sono inversamente proporzionali (più l’allenamento sarà intenso, più sarà necessariamente breve). 


2) Maggiore sarà l’intensità dello stimolo esterno, maggiore sarà il danneggiamento delle fibre muscolari, con la conseguenza di una maggior risposta adattativa (ipertrofia). 


3) Il volume di lavoro ridotto, comporta l’utilizzazione dei substrati energetici solo  a carico dei fosfati e comunque, un dispendio più ridotto rispetto all’allenamento di “volume”, (che specie per un atleta natural comporta una notevole dispersione di energia, allungando enormemente i processi di recupero e supercompensazione).
Attenzione, non sto demonizzando l’allenamento di “volume”, anch’esso utile in determinati periodi dell’anno, o in fasi dell’ allenamento in cui si ha la necessità fisiologica di “staccare” dall’allenamento ad alta intensità, e comunque previsto nelle fasi di scarico.
Il recupero totale tra un allenamento e l’altro, sarà il contesto ideale in cui l’organismo, a seguito di un danneggiamento, prima compensa (recupera), poi super compensa (si adatta a far fronte al successivo carico di lavoro), attraverso il fissamento di nuove proteine sulla struttura miofibrillare. 


Naturalmente, questa alternanza tra allenamentorecupero deve essere organizzata e programmata, in base all’età, allo stile di vita ed al metabolismo della persona.


Inoltre, senza entrare nello specifico argomento della programmazione (ci sono già interessantissimi ed esaurienti articoli dei miei colleghi a tal proposito), tale approccio dovrà necessariamente essere alternato a periodi di lavoro più volumetrici e meno intensi (scarico), rientrando in una programmata pianificazione della periodizzazione annua dell’allenamento. 


Concludiamo pertanto, che il detto “una metodologia  può non funzionare per tutti allo stesso modo”, è improprio ed un po’ semplicistico. 
Semmai ad una data metodologia, si dovrà osservare una differenza nell’applicazione, frequenza d’allenamento e tempo di recupero da un soggetto ad un altro.

https://www.youtube.com/watch?v=WFWr_oLzjLs