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La scienza dell’esercizio fisico nel Bodybuilding (prima parte)

La scienza dell’esercizio

Estratto n°1: Condizionamento metabolico globale

Due uomini si stanno allenando un venerdì pomeriggio. Uno sta correndo a lato della strada, le macchine gli passano accanto mentre lui fatica, suda e respira ritmicamente. Giovedì ha corso per 3 km, mercoledì per 5 km, martedì per 3 km e lunedì lo abbiamo visto correre per 6 km. Oggi dopo i suoi abituali 10 minuti di riscaldamento composto da esercizi di stretching, spera di correre per 5 km e concludere la settimana con 22 km complessivi. Però come avviene anche di lunedì e mercoledì, oggi è anche il suo giorno di allenamento coi pesi, che eseguirà per un’ora al termine della sua corsa. Sta pensando di ridurre un po’ l’andatura nella parte finale della corsa per raggiungere così le 5 miglia ed essere meno affaticato per il successivo allenamento coi pesi. Deve però anche eseguire il defaticamento che consisterà in altri 10 minuti di camminata e stretching. E’ stressato perchè deve fare tutto di corsa nelle prossime tre ore oggi, visto che deve fare la doccia, e guidare fino a casa in tempo per passare a prendere la famiglia e guidare fino a scuola dove ci sarà una recita in cui sua figlia ballerà.

Ha allontanato il pensiero razionale che in realtà lui dovrebbe essere da sua figlia pensando tra sè e sè che può fare quello che riesce. Sarà li quando ci riuscirà. Decide di chiamare sua moglie e dirle di portare la figlia alla recita. Farà del suo meglio per essere li in tempo, pensa tra sè, e non è la prima volta che accade ciò. Ma oh, la salute viene prima di tutto. Il tempo trascorso lontano dalla sua famiglia per ottenere una buona forma fisica e uno stato di salute buono è stato di 12 ore, senza includere il tempo trascorso per muoversi tra casa e palestra.

L’altro uomo è in uno studio di personal training, dove sta completando la sua ultima ripetizione di una serie al leg press. Ha eseguito altri due esercizi prima di questo: ha trascorso 90 secondi su una chest press e 3 minuti su una pulldown machine, e adesso sta cercando di completare in 3 minuti anche la serie alla pressa. Si sorprende (anche il suo trainer) perchè impiega 4 minuti a raggiungere il cedimento alla pressa oggi.

Visto che non si è riposato tra gli esercizi, il suo tempo totale di allenamento di oggi è stato di 8 minuti e mezzo. Quando analizza la sua tabella giornaliera, scopre che la sua forza è aumentata di un altro 20% sia sul pulldown che sulla chest press, mentre la forza delle sue gambe del 30% e la resistenza delle sue gambe del 45%.
“Ottimo allenamento” gli dice il suo trainer e l’uomo esce dalla porta per tornare al lavoro. “Ci vediamo tra 7 giorni”. Il tempo trascorso lontano dalla sua famiglia e dedicato alla sua salute questa settimana è stato di 8 minuti e mezzo, non contando il tempo per arrivare in palestra.

Lo scenario qui sopra illustra come è cambiato il mondo del fitness. Sempre più persone stanno adottando l’ultimo approccio per la semplice ragione che essi desiderano la forma fisica globale (e tutti i benefici che essa comporta), senza i fattori negativi che ci sono nel primo modello, il più grande dei quali è una perdita di tempo notevole.
Ma aspetta, le persone non possono migliorare il loro sistema cardiovascolare allenandosi solo 8 minuti e mezzo per settimana vero? Certo che possono. Infatti possono migliorarlo in maniera vistosa allenandosi anche solo 6 minuti per settimana o anche meno.

Lo studio di McMaster

Il 6 giugno 2005, la CNN ha annunciato le prime scoperte di un gruppo di ricerca della McMaster university  che affermava che “sei minuti di allenamento duro e continuativo una volta per settimana possono essere tanto efficaci quanto un’ora al giorno di attività fisica moderata.
Lo studio, pubblicato sul “Journal of applied physiology”, rivela che un esercizio molto intenso comporta cambiamenti unici nei muscoli scheletrici e nella resistenza.  Inoltre questi cambiamenti erano molto simili a quelli che si pensava necessitassero molte ore di esercizio fisico per essere raggiunti.

I ricercatori hanno descritto i loro metodi come segue: “16 individui sani hanno preso parte volontariamente all’esperimento. 8 soggetti, incluse 2 donne, furono assegnati al gruppo di allenamento ed hanno eseguito test sugli esercizi prima e dopo 2 settimane di allenamenti basati su degli sprint. Altri 8 uomini sono stati assegnati al gruppo di controllo ed hanno eseguito i test fisici due settimane dopo l’inizio dello studio senza però eseguire alcun allenamento. Abbiamo anche una biopsia muscolare nei soggetti che si allenavano per vedere i potenziali adattamenti causati dall’allenamento nella muscolatura scheletrica a riposo. Non abbiamo effettuato biopsie al gruppo di controllo per ragioni etiche, infatti altri studi non avevano mostrato cambiamenti nella concentrazione di metaboliti nei muscoli a riposo oppure nelle attività degli enzimi mitocondriali quando i soggetti del gruppo di controllo venivano testati molte settimane dopo non essersi allenati.

Tutti i soggetti erano individui attivi presi tra gli studenti della McMaster University che già faceva attività sportiva (jogging, ciclismo, aerobica) 2-3 volte per settimana, ma nessuno aveva mai preso parte ad un programma del genere. Dopo uno screening medico di routine, i soggetti sono stati informati delle procedure dello studio e dei rischi associati ad esso, tutti hanno acconsentito al trattamento. Il protocollo sperimentato fu approvato dalla McMaster University e dalla Hamilton Health Sciences Research Ethics Board.

I soggetti eseguivano tra 4 e 7 scatti da 30 secondi al massimo delle loro possibilità su una  bike seguiti da 4 minuti di recupero per un allenamento totale che andava tra i 2 e il 3 minuti e mezzo. Lo eseguivano 3 volte per settimana per 2 settimane per un totale dunque di circa 12 minuti di allenamento settimanale. Alla conclusione dello studio la capacità di resistenza era migliorata del 100%, andando da 26 minuti fino a 51, mentre nel gruppo di controllo, che non aveva eseguito allenamenti, non vi fu alcun cambiamento. I muscoli di coloro che sono stati allenati con protocolli ad alta intensità hanno mostrato un aumento dell’enzima citrato sintasi, che è un segno della potenza di utilizzo dell’ossigeno.
Lo studio è significativo perché sembra essere la prima documentazione scientifica che un allenamento intenso può migliorare marcatamente la resistenza aerobica in persone non allenate e che la quantità totale di esercizio nelle 2 settimane di studio, distribuita in sei sedute, è stata di 15 minuti. E’ una drammatica evidenza della potenza dell’intensità nello stimolare adattamenti nei muscoli che migliorano la performance e possono aiutare a migliorare la salute. In altre parole, un interval training ad alta intensità è molto efficiente e offre il miglior risultato possibile con la minima quantità di esercizio.

La scoperte di Burgomaster, et al., sfidano il concetto del miglioramento della resistenza aerobica possibile solo tramite lunghi allenamenti aerobici.
Al primo impatto questo concetto sembra logico, ma è stato provato tempo fa che è sbagliato sia dagli atleti stessi che dalla biochimica muscolare.

Quando le scoperte della McMaster University vennero pubbliche,  Martin Gibala, uno dei ricercatori coinvolti nello studio, fu intervistato per la CTV. “Pensiamo che queste scoperte siano importanti” Gibala disse a CTV, “perché esso suggerisce che la quantità di volume d’allenamento di cui le persone necessitano è molto più bassa rispetto a ciò che viene raccomandato solitamente”.

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