I continui risultati ottenuti dall’allenamento dipendono direttamente dalla corretta manipolazione di stimolo e recupero. Da qui l’equazione S=R. Se l’equazione è bilanciata, i risultati ottenuti saranno ottimizzati. Se l’equazione non è bilanciata (S diverso da R), avendo troppo stimolo o recupero non sufficiente, i risultati saranno nella migliore delle ipotesi lenti o inesistenti, oppure nella peggiore regrediremo.
Anche se ci sono molte variabili esterne che influiscono sull’equilibrio di questa equazione (dieta, ore di sonno, livello di stress, ambiente lavorativo, attività aggiuntive/ricreative), i personal trainer hanno una manipolazione diretta solo su poche variabile nell’allenare i clienti.
Approssimativamente, queste variabili sono il volume complessivo di allenamento, frequenza ed intensità.
Queste tre variabili sono inversamente proporzionali: se aumenta una, le altre due devono diminuire. Questo divenne ovvio per me mentre stavo frequentando l’Università di New Orleans come studente in fisiologia dell’esercizio e allo stesso tempo allenavo dei clienti ad un “Nautilus Club” locale utilizzando allenamenti ad alta intensità. Visto che avevo già allenato clienti per diversi anni, ho spesso utilizzato i dati raccolti dai diari di allenamento della mia clientela. Durante quel periodo, scrissi un articolo intitolato “La curva di risultati dell’esercizio”.
Sfortunatamente, i dati originali raccolti per l’articolo sono stati smarriti, visto che scrissi questo articolo ad inizio anni ’90. Comunque, pochi anni fa, ho iniziato ad analizzare i diari di allenamento dei clienti per duplicare gli esempi originali. La figura 1 mostra un esempio di un tipico soggetto maschio che era già stato allenato con metodi tradizionali (volume e frequenza più alti), senza un focus mirato sui suoi progressi.
Quando scrissi l’articolo originale, il mio obiettivo era semplicemente quello di determinare un tempo approssimativo (anni) che occorreva alla maggior parte dei clienti per raggiungere il loro massimo potenziale genetico.
In verità molti soggetti raggiungevano il loro limite in circa 2 anni, se lo stimolo e il recupero erano bilanciati in maniera appropriata. Comunque, durante le analisi dei dati originali, emersero numerose altre questioni.
Se l’equazione non era correttamente bilanciata, i soggetti raggiungevano presto uno stallo. Questo era evidente comparando la frequenza dei clienti che partecipavano ad altre attività extra, generalmente qualche forma di allenamento di durata. La figura 2 illustra questo punto.
Generalmente, la maggior parte dei clienti che iniziavano ad allenarsi per due volte alla settimana (la linea verde scuro) guadagnarono forza più velocemente di coloro che si allenavano solo una volta per settimana (linea blu), ma raggiungevano lo stallo molto prima (linea verde chiaro).
Dall’altra parte, i clienti che si allenavano solo una volta a settimana progredirono più lentamente all’inizio, ma continuarono a a migliorare per un periodo di tempo più lungo. Questa linea rossa è immaginaria. Indica il pensiero di molti sacri esponenti del settore (la filosofia del “più è meglio”). Solitamente, quando un particolare soggetto che si allenava due volte a settimana riduceva la frequenza di allenamento ad una seduta a settimana, gli incrementi di forza erano quasi immediati e continui. Dai miei dati, questo accadde a circa il 97% dei soggetti.
Raramente ebbi l’effetto contrario, anche se c’era una piccola percentuale di soggetti che progredivano meno nel passare ad una seduta per settimana. Anche se comunque molto piccola (3%), non posso ignorare questa statistica e ho speso la mia intera carriera cercando e tentando di capire la variabile individuale in risposta all’allenamento coi pesi.
Molti di questi dati furono presentati nella mia lettura intitolata “Variabilità genetica” al seminario sull’allenamento H.I.T. ad Indianapolis nel 2006.